Convegno 2014: Nuovi nonni per nuovi nipoti. La gioia di un incontro

Brani di lettura tratti dal libro

Nuovi nonni per nuovi nipoti. La gioia di un incontro

di Sivia Vegetti Finzi, Mondadori, 2007 | Albergo Pestalozzi, Lugano – 9 ottobre 2014

 

      1. Si parte sempre da sé
        Il seguente brano, autobiografico, è letto dall’autrice stessa. Quelli successivi son letti da varie partecipanti (n. d. red.)

        1. E io che nonna sono?
          Da quando è nato Massimiliano, detto Maxi, lo spazio si è allargato e il tempo si è ristretto perché non sono mai in grado di appagare i suoi: "ancora", "l'ultimo", "uno e poi basta". Con un bambino di tre anni per mano il mondo si amplia, si rinnova, nasce un'altra volta.
          La nostra casa al mare è circondata da una pineta condominiale che da anni attraversavo in su e in giù per andare in paese ma non avevo mai avuto motivo di esplorarla, anche perché, coltivata, pettinata, ripulita, non la trovavo particolarmente interessante.
          Ma appena la mia altezza (già corta) si è abbassata di mezzo metro per guardare il mondo con gli occhi di Maxi, tutto è cambiato.
          Abbiamo cominciato col cercare gli ovetti Kinder, quelli piccoli, che avevo precedentemente nascosto nelle crepe del muro, negli incavi dei tronchi, sotto i cespugli. Abbiamo poi continuato le scorribande raccogliendo pinoli e alcune more da una siepe di recinzione. Maxi stringeva in pugno questi minuscoli tesori, resi preziosi dall'avarizia della natura ligure, e poi entrava in casa strillando: “Nonno, siamo ricchi! Abbiamo tre pinoli e due more!". Non avevo mai aspirato a tanto.
          Abbiamo poi continuato dando la baia alla strega che abita nella cabina telefonica. Invano la perfida ha atteso Maxi per infilarlo nel forno come Hansel e Gretel. E' troppo furbo il ragazzo! Abbiamo riempito un buco di pigne fingendo di fare il fuoco per un immaginario picnic al quale invitavamo, con un sasso a mo' di cellulare, tutti gli amici di Milano. Naturalmente le portate erano infinite e l'elenco, snocciolato come un rosario, si accresceva ogni volta di qualche specialità.
          Abbiamo scoperto che, la sera, uscivano, tra i gradini caldi di sole, certe piccole rane che andavano contate e a ognuna veniva dato un nome.
          La più grande è stata buttata in piscina perché facesse un bel bagno ma la povera è miseramente annegata.
          Spesso ci siamo persi e lo sgomento ci ha invasi anche perché il nonno non perdona – a mezzogiorno e alla sette: “tutti a tavola!"
          Per fortuna avevamo segnato il percorso con briciole di pane e, poiché le tortore non le avevano ancora mangiate, abbiamo ritrovato la strada di casa, ma che paura!
          Abbiamo poi scoperto che si potevano decorare le magliette con certe foglie che si appiccicano e ogni bambino ha avuto il suo disegno. Bea un fiore perché è la più carina.
          Che estate! La più bella ch'io ricordi, la più intensa, la più breve. L'ultima volta che ho avuto tre anni.

           

      2. I nonni dei nonni
        Quando si annuncia il primo nipote i nostri nonni, che parevano dimenticati, tornano improvvisamente alla memoria.

        1. Scrive Serena, una nonna di origini romagnole:
          I miei nonni erano nonni-nonni, quelli delle oleografie. Vecchi, sicuramente vecchi, e riconoscibili come tali già dai vestiti. La nonna materna era sempre vestita di nero per aver perso il marito secoli prima. Ma allora il lutto era per sempre. Il nonno paterno era imponente più che per la statura (e i baffi all’insù) direi per come si presentava e si considerava al cospetto dei figli e dei nipoti. Ambedue i miei genitori (classe 1908 e 1906) davano rigorosamente del “voi” ai loro genitori. E non il “voi” fascista! Noi davamo del tu ai nonni, che erano buoni, gentili sì, ma anche severi. Non cioè di quelli che, si dice, “danno i vizi”. I “vizi” non li dò neanche io perché non lo trovo giusto, per l’educazione dei miei tre nipoti, anzitutto. Ma il resto… intanto sono una nonna vestita tale e quale le loro mamme. Scherzosa, un po’ pazzerella, mi rotolo anche in terra con loro o gioco a tirarci i cuscini (a volte i due più piccoli, 6 e 4 anni, mi chiedono “di quanto sono più giovane dell’altra nonna”, che in realtà è mia coetanea. Lei è più “normale” e più accomodante sui “vizi”). Sono anche una nonna non sempre disponibile perché lavoro tuttora o viaggio ecc.

        2. Scrive Ida:
          Ma anche allora non tutte le nonne erano uguali. Soprattutto negli ambienti più colti si delineavano figure diverse. Ecco una nonna che assomiglia molto a noi, nonne di oggi.

          … ho avuto un rapporto estremamente importante con la mia nonna materna: era una persona di grande cultura, intelligenza e sensibilità e, certamente, è stata un modello di riferimento centrale per le mie scelte. Questa nonna indirizzava le mie letture, si interessava ai miei pensieri, accompagnava la mia crescita con discrezione, ma con stimoli importanti. È morta quando io avevo 16 anni, ma ho sicuramente continuato per anni ad averla come riferimento, forse più di mia madre. Penso che questa sia una cosa piuttosto frequente. Ho conosciuto persone che, come me, si sono riconosciute in una genealogia femminile che passava più attraverso le nonne che attraverso le madri, forse perché la distanza permette di diluire alcuni aspetti conflittuali.

           

      3. Una duplice attesa

        Nonna Nunzia:
        Una grande gioia, perché concretizza con immediatezza fisica l’idea del tempo che passa, ma in maniera positiva. Perché se toglie vita a noi, che ci avviciniamo alla fine, ricrea nuova vita destinata a crescere e fiorire. Almeno si spera. Certo non si sa come butteranno i nostri nipoti. I pericoli sono tanti, il futuro assume facilmente colori cupi, e penso sempre che anche i delinquenti hanno una madre (e una nonna). Ma anche Kant o Mozart sono stati un gomitolo di strilli tra le braccia di una donna. E da parte mia sono decisa a fare tutto ciò che posso per aiutare i miei nipotini ad esprimere tutte le loro potenzialità positive.

        Silvia:
        Aveva solo quarant’anni e si considerava una ragazzina quando la sua unica figlia l’ha resa nonna.

        L’ho presa malissimo, confessa, mi sembrava che mi avesse invecchiata a tradimento. A quell’epoca stavo con un giovane compagno e non osavo dirglielo. Cosa avrebbe pensato di me?

        Il miracolo di indurre un cambiamento radicale è stato compiuto ancora una volta dal bambino, dalla bambina in questo caso.

        La mia nipotina era così bella, ammette Silvia, che si è fatta accettare subito. Mentre prima non avevo detto niente a nessuno, appena l’ho vista avrei spedito un comunicato stampa a tutto il mondo. Ora che ha quattro anni, quando la porto ai giardini mi pavoneggio e mi piace rispondere a chi mi chiede “ è sua figlia?, “no, sono sua nonna!”.


      4. Crescere insieme

        1. Scrive Vivian Lamarque, poetessa e scrittrice di libri per l’infanzia, parlando dei suoi nipotini Micòl e Davide:
          Sono una nonna di poche fiabe (mi sembrerebbe di lavorare), sono una nonna poco seduta, sono una nonna in bicicletta (spinta a mano, così alti uguali si chiacchiera meglio), sono una nonna di giostre al mare (ancora un giro, ancora un giro...) e giardiniera in montagna. Sono una nonna addobbatrice di finestre: se nevica gli faccio minuscoli pupazzi da davanzale, se non nevica gli faccio la neve finta, se è Carnevale appendo ai loro vetri stelle filanti, se è estate i palloncini vinti alla giostra. Sono una nonna che trascrive meticolosamente tutte le loro frasi su un quaderno e poi perde il quaderno; che fa centinaia di fotografie (non digitali così le sviluppa e le mette negli album).
          Questa è la nonna che si vede. Poi ce n’è un’altra piena di paure, di ansie, di qualche pianto e di tanti magoni, di mal di schiena, di corse affannose perché l’asilo chiude, e il negozio chiude, e anche il pediatra e la farmacia, e deve chiudere il libro che ancora non ha scritto, e soprattutto chiuderà implacabile, in un battibaleno, dopo l’infanzia nostra e quella dei nostri figli, oh no, anche la loro.

        2. Nonna Nunzia:
          Una grande gioia, perché concretizza con immediatezza fisica l’idea del tempo che passa, ma in maniera positiva.
          Mentre il tempo toglie vita a noi, che ci avviciniamo alla fine, ricrea attraverso i nipoti nuova vita destinata a crescere e fiorire. Almeno si spera. Certo non si sa come butteranno i nuovi nati. I pericoli sono tanti, il futuro assume facilmente colori cupi, e penso sempre che anche i delinquenti hanno una madre (e una nonna). Ma anche Kant o Mozart sono stati un gomitolo di strilli tra le braccia di una donna. E da parte mia sono decisa a fare tutto ciò che posso per aiutare i miei nipotini ad esprimere tutte le loro potenzialità positive.

        3. Mentre Mirella, una sensibilissima artista, si rammarica perché, dice:
          Capisco che dovrei provare piacere stando col mio nipotino, e in parte lo provo. Ma poi vengo travolta dall’ansia perché ho paura di tutto: “temo che si ammali, che soffochi, che non cresca. E’ piccolo in confronto agli altri ma anche i suoi genitori lo sono e poi potrebbe recuperare con l’adolescenza, a molti capita. Purtroppo però tra una cosa e l’altra non trovo pace, continuo a rimuginare tutti i possibili rischi e intanto perdo il meglio dell’essere nonna.

        4. Per Antonia, maestra in pensione, la cosa più bella è seguire i compiti del nipotino che frequenta la terza elementare:
          Mi sento giovane, e poi mi aggiorno perché i programmi scolastici sono completamente diversi da quelli dei miei tempi.

        5. Anna scrive:
          Mia nonna, che viveva in famiglia, la si trovava sempre in cucina, e sempre a nostra disposizione, mentre io faccio la mia vita (lavoro part-time in una agenzia di pubblicità) ma, appena possibile, parto con i miei nipotini, due gemelli, maschio e femmina, di cinque anni: andiamo sui laghi, a Gardaland, all’Acquario di Genova, sulle linee ferroviarie più periferiche, quelle che passano in montagna, tra i prati, lungo le risaie… ci sentiamo grandi viaggiatori anche se le distanze sono minime. In ogni caso, colla nonna globetrotter una cosa è sicura: si parte!

        6. Nonna Ada:
          Di computer ero convinta di non capirne niente e che mai sarei riuscita a entrare in quel mondo misterioso. Eppure ne avevo bisogno perché mio figlio vive in Canada con la sua famiglia e mia figlia studia al Dams di Bologna.

          Chi è riuscito a sbloccarmi è stato Mario, mio nipote che ha 12 anni. Mi ha messo nel banco ed è salito in cattedra, metaforicamente s’intende. Poco per volta mi ha appassionata e ora, non solo scrivo molte mail, ma sono in grado di consultare il Meteo, di leggere le ultime notizie, di partecipare a qualche Blog, di telefonare usando Skype.
          “Imparare dai nipotini!!”: quale nonno in passato avrebbe accettato una simile sovversione delle posizioni, il “mondo alla rovescia?”

        7. Nonna Tullia nota come i nipoti abbiano la capacità di riavvolgere la moviola del tempo, di farci tornar bambini:
          Per me un dolore non ancora superato è stato di vedere il bimbo affidato alle cure di una babysitter, e per di più non sempre la stessa, nelle ore di lavoro della mamma. Infatti mia figlia, preoccupata dei miei doveri di assistenza a mia madre novantenne, pensava in questo modo di alleggerirmi la fatica, senza però tener conto della mia volontà. Per fortuna, col passare del tempo, i genitori del bimbo hanno permesso a noi nonni di tenerlo qualche volta a dormire a casa nostra, e anche di fare qualche breve vacanza o viaggio con lui, il che ci ha consentito di rivivere gioie infantili, che ormai non ricordavamo più. Siamo stati con lui a Venezia, a Roma, a Milano, a Napoli, in Sardegna, sulle Dolomiti e persino ad Atene e a Kos, l’isola d’Ippocrate. A poco a poco in quelle occasioni non solo io, ma anche mio marito avevamo l’impressione di formare ancora una volta una famiglia a tre; e l’amore, che aveva sempre legato noi due, ridiventava giovane e allegro.

           

      5. Rinnovarsi con i nipoti

        1. Sentite come Margherita, una signora di settantotto anni che abita in un paesino del Canton Ticino, è capace di comprendere e valorizzare l’irrequieta nipote, cui scrive questa lettera ironica e dolcissima:

          Cocùuuuu!! Di lettere te ne ho scritte tante! Ricordi quando suonavo il campanello della tua camere e tu non rispondevi perché dormivi invece di andare a scuola? Allora le lettere te le appendevo sulla porta della camera con lo scotch, nella speranza che tu le leggessi. Ora di consigli non te ne dò più. Tanto non servono a niente. La gioventù ti aiuta e anche il tuo ottimismo di fronte alla vita.
          Sei nata una mattina di venti anni fa, sei sempre stata vivace e bellissima e lo sei tuttora, e sempre di più.
          Poi sei cresciuta e ti ho vista con i capelli biondi, neri, rossi, verdi, blu, ultimamente erano lilla! Ti sei anche rapata a zero rimanendo sempre bellissima. Hai messo i piercing, prima sul lobo delle orecchie, poi uno piccolino sul naso, poi sotto il mento e quello era appuntito e dritto come un chiodo. Il perché non me lo hai mai spiegato. Alla fine è arrivato il brillantino sul dente… Quanto eri e sei cocciuta! Quando un giorno ti ho sgridata, mi hai mostrato la lingua dove nel bel mezzo troneggiava… un piercing! Che ribelle! Che paura! Guarda che puoi soffocare se s’infiamma! Ma come fai a mangiare? “Oh nonna, non fare la sega”. E io: “Come mai non ti sei fatta i tatuaggi, questione di soldi?” E tu: “Nonna guarda qui dietro la mia caviglia che bel scorpioncino nero che ho! Viene da Parigi” E io: “ Solo l’ombelico in vista e le tette al vento mi hai risparmiato” E tu: “Lo sai, nonna, che ho il senso del pudore!”
          Da un lato mi facevi soffrire, eri la mia disperazione, dall’altro mi hai concesso di entrare nel mondo di voi giovani perché anche le amiche che ti venivano a trovare erano quasi come te. Sottolineo il “quasi”.
          Tu sempre un po’ più delle altre, con gli occhi truccati a farfalla e gocce di lacrime artificiali che ti scendevano sulle guance… Ti ho spiegato come non rimanere incinta per caso, ti ho detto tutto sulla contraccezione, ti ho parlato dei buoni sentimenti ecc. ecc.
          E tu: “Oh nonna lo so, ho capito, ma tanto UN GIORNO DIVENTERA BISNONNA!!!!”
          Ora sei lontana, in Italia, a scuola di orafa. Pare che finalmente hai trovato la tua strada: cosparsa di oro, argento, perle e gioielli. Sarai la mia consolazione! Ieri ci siamo viste e abbracciate fortissimamente, felici e tu mi hai detto: “Sarai eterna perché, finché sarò in vita, ti parlerò attraverso il profumo di un fiore, un raggio di sole, le stelle di una chiara notte”.
          Forse un po’ ci assomigliamo e tu sai che il mio primo pensiero del mattino è sempre rivolto a te.
          Nonna

           

      6. L’arte di raccontare
        1. Scrive l’autrice de L’arco e la freccia, Diario di una nonna, Anna Maria Sghedoni:
          Sulla saggezza dei nonni e quindi sulla mia, ho grossi dubbi vado di istinto e non è detto che la mia esperienza di mamma sia un supporto scontato. Ogni situazione che riguarda i bambini è sempre nuova, una sorpresa che non ha riscontro in alcuna regola, ammesso che ce ne siano. Mi fa piacere che mi si chieda consiglio, ma il contesto in cui vivono i bambini al giorno d’oggi è troppo diverso e lontano dalla mia mentalità , pur facendo le capriole per capirlo e di conseguenza adeguarmi. Faccio fatica ad inventarmi la disinvoltura dei giovani genitori, che forse è stata anche mia a suo tempo. Considerando tutto però avverto quasi sempre un filo conduttore che si riallaccia, sia pur larvatamente, a quanto credo di aver seminato.

          E, nella Prefazione, a cura di don Sergio Niccoli, si legge:
          La vita non è quella che si è vissuta, ma quello che si ricorda per raccontarla. Se negli scorsi decenni è stato importante liberare la famiglia dalle logiche e dalle dinamiche della famiglia patriarcale, per restituirle intimità e libertà, oggi si avverte la necessità di ridare alla famiglia le radici che la inseriscono in una storia che ha bisogno della continuità tra le generazioni.

        2. Scrive la poetessa modenese Serena Maglietta Pollari (I vincenti, Otma Edizioni, Milano, 2003), ricordando una compagna di classe, espulsa dalla scuola perché ebrea, in ottemperanza alle “ Leggi razziali” del 1938:

          … la scuola elementare, un primo banco/ destinato a noi due, com’era d’uso/ a quel tempo vicine collocare/ le figlie della vecchia borghesia;/ ma un giorno mi trovai sola nel banco./ La mia compagna e due alunne con lei/ s’erano trasferite in altra scuola,/ ci disse la maestra un po’confusa./ Un dubbio mi rimase: quell’amica/ non mi aveva neanche salutato./ Ne parlai con mio padre e quei cognomi/ conosciuti gli tolsero ogni dubbio;/ sussurrò che era assurdo, ma da lui/ non ebbi allora una risposta chiara./ L’OVRA, in quei giorni, ben riorganizzata/ spiava alacremente la città/ sospetta d’occulto antifascismo./ Dovetti rassegnarmi a una compagna/ diversa, ma pensai, con infantile/ vanità, che da sola ormai restavo/ nel mio ruolo di prima della classe/ Soltanto più tardi cominciai/ a capire il motivo del distacco,/…

 

Grazie nipoti!

Sono una ragazza del 68, mamma di Roberta nel 69 e di Tommaso nel 71, separata nel 77, le date parlano della mia storia comune a tante donne, madri e figlie di quegli anni così turbolenti, ma anche così pieni di vita e di passione.

Da allora, se pure ho avuto vari amori, ho sempre vissuto prima con i figli e da più di 15 anni sola, non ho avuto più la voglia di dividere la mia casa, la mia intimità, il mio spazio, così duramente conquistato, con nessuno. Solo da 5 anni, con immensa gioia e commozione ho aperto il mio regno... ai miei adorati nipoti, che non vengono così spesso, ma, quando ci sono io e la mia casa siamo felici

… I nipoti mi hanno travolta e conquistata, è bastata la loro presenza, il loro esserci, perché un ondata di dolcezza infinita, di rispetto, di meraviglia assoluta, mi avvolgesse e riempisse i giorni, le notti, i sogni, e l'anima di una gratitudine immensa, di un amore sconfinato, di una gioia senza precedenti. Ho sempre amato la vita, ma questo diventare nonna è stato al di sopra di ogni aspettativa.

Ancora lavoro con impegno e soddisfazione, ma gli spazi dedicati ai nipoti sono sacri. Il tempo che trascorro con loro, rotolandomi in ogni angolo di casa, cantando a squarciagola, costruendo torri e castelli, facendo versi di animali, raccontando favole, mangiando e bevendo anche le loro pappe, a volte veramente schifose, viaggiando con la fantasia verso mete lontane, la nostra preferita è Timbuctù, giocando sui prati, arrampicandomi sugli alberi e facendo mille altre cose strane e imprevedibili, è la carica per sentirmi giovane anche nel corpo, perché la mia mente e il mio spirito lo sono molto ma molto molto di più.

Cosa fare io per loro, visto che loro fanno così tanto per me? Io sono una certezza, un rifugio caldo e accogliente, un compagno di giochi, un cuscino morbido e liscio da accarezzare e su cui, solo a volte fare pernacchie, è difficile che io dica di no, anche perché con me sono angelici... ma che strana magia è questa dei nonni.

Ma io sono anche la libertà di essere e sentire la verità dentro il loro piccolo cuore. La vera felicità è essere in armonia con se stessi.

Lo so che è difficile, ma ci si deve provare fin da piccoli. Io credo che ognuno di noi ha un grande potenziale, una grande forza, una grande energia che è il dono di ogni esistenza, ma questi regali devono essere lasciati liberi di esprimersi, possiamo sorreggere, a volte consigliare, ma mai obbligare, anche se in buona fede.

Questo è sempre stato il filo conduttore della mia vita, ho preteso, ma anche dato libertà a tutti quelli che ho amato, con i nipoti, confesso c'è un po’ di apprensione in più, ma sarà meraviglioso vedere fiorire il loro fiore, dei colori che loro vorranno e del suo intenso profumo. Io penso che, anche se piccoli, sentono che in me c'è questa grande fiducia in loro, questa grande complicità. Forza cuccioli miei, la vita è splendida e va vissuta a piene mani!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Convegno 2014: Relazione di Francesca Rigotti

De senectute foeminarum – La vecchiaia delle donne

di Francesca Rigotti | Albergo Pestalozzi, Lugano – 9 ottobre 2014

 

Il titolo del mio intervento, filosofico, ricalca quello del più celebre trattato scritto sull'argomento nell'antichità: il De senectute di Cicerone – opera del primo secolo a.C. – benché esso non riguardi le donne: sull'argomento specifico della vecchiaia delle donne in filosofia non è stato scritto nulla. Nemmeno nei brevi riferimenti alla vecchiaia fatti da Hannah Arendt 68enne in The life of mind. Lì Arendt si rivolge in primo luogo al De senectute di Cicerone, chiedendosi se non scrivere ella stessa una prosecuzione del trattato ciceroniano in chiave moderna, per capire se Cicerone sia nel vero quando afferma che «le cose grandi (res magnae) non sono dovute alla forza, alla velocità o alla prontezza fisica (non viribus aut velocitate aut celeritate corporum) ma sono il prodotto del pensiero e del carattere e del giudizio (consilio, auctoritate, sententia) che nella vecchiaia non vengono a mancare ma si accrescono in grande misura» (Sen. 17). Ma anche Arendt, che quel trattato non scriverà mai, non si interroga sulla vecchiaia delle donne.

L'unico riferimento filosofico sul tema specifico della vecchiaia della donna in filosofia è contenuto nel dialogo platonico Teetéto, nel quale nasce una disciplina che qui molto ci interessa, la maieutica. Socrate vi afferma di essere figlio di una levatrice, Fenarete, dalla quale ha ereditato l'arte: Socrate aiuta gli uomini (àndras) a partorire le idee dalla mente come Fenarete aiutava le donne (gynaìkas) a partorire i bambini dal corpo. Che vuol dire, tradotto in soldoni, che le donne godono della creatività fisica, possono procreare; gli uomini della creatività spirituale, possono creare. Anzi, ma questo viene spiegato in un altro dialogo platonico, il Simposio, gli uomini godono della doppia creatività. Posso procreare secondo il corpo e secondo la mente. Gli uomini infatti, esercitando la fecondità secondo la carne, lasciano dietro di sé figli materiali destinati a perpetuare la specie immortale, ed esercitando la fecondità secondo lo spirito, superiore a quella carnale, danno luogo alle immortali opere dell'ingegno. Le donne procreeranno i singoli, i mortali, e di questo modesto parto si contenteranno: idea destinata ad avere grande successo e a durare fino ad oggi, quando c'è chi sostiene che le donne non sono creative a livello artistico, letterario, musicale, ecc. perché placano la loro ansia grazie alla capacità, esercitata o anche soltanto posseduta come dotazione fisica, di mettere al mondo figli.

Le levatrici, continua a spiegare Socrate, diventano tali dopo la menopausa, quando non sono più in grado di procreare. Nel descrivere l'affinità del mestiere della madre col proprio, Socrate sottolinea anche il parallelo della sterilità in entrambi i casi: quella delle levatrici, dovuta all'età; la sua, mentale, dovuta alla celebre dichiarazione del filosofo: «So di non sapere».

Il modello mentale – di grande successo, ripeto - non dice ma sottintende che gli uomini non possono mettere al mondo figli di carne, è ovvio, come è altrettanto ovvio che le donne non possono partorire figli di carta (nel senso di idee, creazioni mentali di ogni genere). Sottinteso è anche che le idee sono eterne e immortali e valgono ben più dei singoli figli che sono mortali; immortale è anche la specie, dove di nuovo il contributo femminile è ignorato, dato che i fondatori di stirpi, città, tribù, popoli, nazioni ecc. sono uomini.

Ora tutto questo è molto bello, poetico, suggestivo e anche filosofico, ma è falso. Il parallelo della creatività maschile con la procreatività femminile è falso. La mutua esclusione per cui chi partorisce figli non partorisce idee e viceversa è buona soltanto per escludere le donne da uno degli aspetti più interessanti della vita, la creatività mentale (senza voler trascurare la bellezza della procreatività fisica, anzi). Tutta la faccenda romantica, ripresa ai nostri giorni da importanti critici, che vede nella creazione dell'opera d'arte un dio (maschile) al lavoro, è un paragone idiota (come ben lo definisce Sybille Lewitscharoff).

Le donne sono creative e procreative, sono loro che godono della doppia creatività, anzi tripla: mentale, dell'individuo, della specie, che condividono con i maschi della specie perché noi siamo generose e riconosciamo il loro contributo, anche se, per quanto riguarda la specie, in alcuni paesi non possono neanche tenersi il proprio cognome, se maritate, o passarlo ai figli, ma sono costrette ad assumere loro, e a dare al figlio, quello del marito. Le donne sono ampiamente creative a livello mentale, come si può empiricamente constatare quando le condizioni sono date, e lo sono anche in età da nonne, in età da levatrici, all'età di Fenarete, libere come sono, se lo sono, dal lavoro domestico e extradomestico e dalla cura di figli piccoli. Libere di mettere al mondo le proprie idee, e se proprio desiderano usufruire di tecniche di gravidanza artificiali, perché no, anche figli propri.

 

Convegno 2014: Relazione di Silvia Vegetti Finzi

Camminando sul percorso delle nonne

di Silvia Vegetti Finzi |  Albergo Pestalozzi, Lugano – 9 ottobre 2014

 

Certo non ci sono più i nonni di una volta. Ne esistono però di nuovi, più longevi, aggiornati, curiosi, talvolta ancora professionalmente attivi, ben poco disposti a farsi da parte e sempre più capaci di misurarsi con relazioni sociali e familiari profondamente mutate.

Nel corso dell’ultimo Convegno di AvaEva, che si è tenuto a Lugano il 9 ottobre scorso, Silvia Vegetti Finzi ha offerto un interessante spaccato di questa realtà partendo dal reciproco, inedito rapporto tra l’ultima generazione di nonni e quella dei loro giovanissimi nipoti. I nonni di oggi, cresciuti per lo più negli anni del miracolo economico, hanno partecipato alla modernizzazione della società, hanno fruito di un benessere diffuso, ma hanno anche assistito agli sconvolgimenti prodotti dagli anni della contestazione, al rovesciamento dei canoni e dei valori della tradizione. Hanno avuto tanto dalla vita e ora sono disposti a dare tanto, a ricominciare a mettersi in gioco. Proprio mentre tante esperienze di vita si concludono (nella terza età si va in pensione, si viaggia meno, gli amici diminuiscono, gli sport diventano troppo impegnativi ) la nascita di un nipote permette di sostituire alla parola “ fine” la parola “segue”.

Mentre una volta i nonni erano vecchi vecchi, spesso stanchi e pertanto disposti a mettersi da parte, a rappresentare figure significative ma secondarie nell’ambito della famiglia, ora occupano il centro della scena.

Attualmente, in un periodo di crisi caratterizzato dall’eclisse degli ideali politici, dalla precarietà del lavoro, dalla fragilità della coppia e della insufficienza della scuola, nonne e nonni, seppure in modo diverso, sembrano costituire l’unico solido architrave della famiglia. Spesso garantiscono ai figli un consistente aiuto economico e suppliscono alla generale carenza di servizi per l’infanzia prendendosi cura dei nipoti. Esentati da compiti educativi diretti, possono sperimentare il piacere di condividere con i bambini ambiti di libertà, di fantasia e di gioco, ricevendone in cambio affetto e complicità.

Non esiste un più efficace Elisir di giovinezza! Accanto a un bambino che cresce non c’è posto per la vecchiaia. Tanto più che i più piccoli non si rendono conto della nostra età, e dei nostri limiti, e spesso ci considerano amici e coetanei. In caso di separazione familiare, la funzione dei nonni diviene essenziale perché ,mentre tutto sembra crollare, garantiscono a tutti, in particolare ai nipoti, ambiti di continuità e di sicurezza.

Ma proprio perché la “nonnità” svolge una funzione importante, talora essenziale, è sottoposta più che in passato a un carico di aspettative, richieste, pressioni e persino a ricatti affettivi difficile da governare. E’ necessario che i nonni, soprattutto le nonne, non si lascino travolgere da richieste eccessive ma preservino uno spazio di tempo e una quota di energie anche per sé. Nonni stanchi e depressi, che accudiscono i nipoti senza piacere, senza gioia, possono nuocere a se stessi e gli altri. Essere nonni è un premio, non una punizione!

Le numerose testimonianze raccolte da Silvia Vegetti Finzi ,nel libro Nuovi nonni per nuovi nipoti, organizzate, selezionate e analizzate per argomenti, formano un racconto a più voci in cui caratteri e storie molto diverse si incontrano e si confrontano. Le più vive e interessanti sono state lette durante il Convegno da una formidabile nonna ticinese di 85 anni, presente con la giovane nipote, e da una partecipante che si è gentilmente proposta. Ascoltandole, i presenti sono stati sollecitati a rievocare le loro esperienze, spesso vivissime e attuali, a esprimere emozioni e trepidazioni, a condividere dubbi e inquietudini. In mancanza   di identità precostituite, di ruoli prefissati, di mappe già tracciate ( non esistono scuole che insegnino a fare i nonni), è importante, per non smarrirsi, procedere insieme e, con fiducia, confidarsi reciprocamente cercando il modo migliore per superare i dispiaceri e godere dei piaceri, che sono tanti e profondi.

Nonni nuovi dunque, anche nella rinnovata consapevolezza del proprio ruolo, nella capacità di farsi tramite della memoria individuale e collettiva, e di aprire alle giovani generazioni orizzonti di fiducia e di speranza.

Non a caso è più facile che, a esprimere gratitudine, siano i nipoti piuttosto che i figli. Capita che i più piccoli, nel momento del commiato, spontaneamente dicano: “ GRAZIE NONNA e GRAZIE NONNO”. Che cosa volete di più dalla vita?

 

Silvia Vegetti Finzi – nonna di tre nipoti di 12, 10 e 3 anni – ha insegnato Psicologia dinamica all’Università di Pavia , collabora regolarmente con il   Corriere della sera e conduce rubriche psicologiche di consigli, in Internet, sul Blog “ Psiche lei” di IOdonna oltre che sulle riviste “Insieme” e “ Azione”, settimanale della Migros Ticino. Con i suoi libri accompagna da molti anni il percorso della coppia, dalla sua costituzione sino alla nascita e alla crescita dei figli. Fra i suoi numerosi libri ricordiamo, editi da Mondadori : Il bambino della notte (1990), Il romanzo della famiglia (1992), Volere un figlio (1997), Quando i genitori si dividono, le emozioni dei figli (2005) e Nuovi nonni per nuovi nipoti.

Molti genitori ed educatori conoscono e consultano la trilogia, scritta con Anna Maria Battistin : A piccoli passi (1994), I bambini sono cambiati (1996), L’età incerta. I nuovi adolescenti (2000).

Altri saggi sono: Parlar d’amore: le donne e le stagioni della vita (2003), Rizzoli, Silvia Vegetti Finzi dialoga con le mamme, Fabbri (2004) e La stanza del dialogo, Casagrande Editore, Bellinzona, 2009.

«Diventare nonni significa aprire un capitolo inedito della propria storia: sostituire il termine “fine” con “segue”, abbandonare rimorsi e rimpianti riconoscendo di aver ricevuto dalla vita un dono che comporta un inestimabile supplemento di gioventù.»