Una volta l’anno, solitamente d’autunno, AvaEva organizza un convegno tematico. È l’occasione per le donne della generazione delle nonne di approfondire con l’aiuto di specialiste uno o più temi che le riguardano. I successivi ateliers permettono poi alle partecipanti di ritrovarsi per riflettere e scambiare idee ed esperienze inerenti ai temi proposti. Un momento artistico e conviviale chiude la giornata in un’atmosfera gioiosa.

9° Convegno 2022: Clima, svegliamoci!

Verbale del Convegno AvaEva del 24 novembre 2022

Tema: Clima, svegliamoci!
Luogo: Agroscope Cadenazzo, A Ramél 18, 6594 Cadenazzo

La coordinatrice di AvaEva Valentina Pallucca Forte dà il benvenuto alle partecipanti e al relatore e ringrazia chi ha sostenuto l’Associazione nella realizzazione di questo convegno, in particolar modo fa riferimento al Percento culturale Migros.

Siamo ospiti di Agroscope Cadenazzo, uno dei 12 siti federali per la ricerca agronomica( Chi siamo (admin.ch)). Il direttore Dr.sc. ETH Mauro Jermini ci dà una panoramica dei mutamenti agrari in relazione al cambiamento climatico. Inizia la conferenza con uno degli aspetti più visibili: le neobiote, organismi esotici introdotti dall’uomo in Europa, sia intenzionalmente sia accidentalmente. Tra questi, si considerano specie invasive quelle che, grazie alla loro capacità di diffusione, rischiano di causare danni ambientali, sociali o economici. Si riconoscono tre categorie di neobiota:

  • i neozoi: animali
  • le neofite: piante 
  • i neomiceti: microrganismi 

Agroscope Cadenazzo, ma anche SUPSI, uffici cantonali e ditte private si impegnano a gestire questo problema causato fra altro dall’aumento della temperatura.

8° Convegno 2021: Maltrattamento e abuso

8° Convegno: sintesi

Bellinzona – 13 ottobre 2021

La coordinatrice di AvaEva Valentina Pallucca dà il benvenuto alle numerose partecipanti e ringrazia chi ha sostenuto l’Associazione nella realizzazione di questo convegno, in particolar modo fa riferimento al Percento culturale Migros e al Consiglio degli anziani del Canton Ticino.
In seguito presenta le AveEve che formano l’attuale Comitato; Patrizia Negri, Regula Matasci-Brüngger, Monika Lechner-Pietzko e Odille Pedroli-Conrad. Ciascuna saluta le partecipanti e onde favorire la loro conoscenza trasmette una breve sua presentazione personale.

Pallucca informa che di seguito darà la parola alla Signora Chiara Orelli Vassere da poco nominata coordinatrice Istituzionale in ambito di violenza domestica, presso la Direzione della Divisione della giustizia. La relatrice trasmette i saluti anche a nome delle autorità Cantonali ed esprime molta soddisfazione nell’apprendere dell’interessamento di AvaEva di voler riflettere ed approfondire una tematica che ritiene purtroppo molto attuale, necessaria ed in crescita. Sottolinea che la violenza domestica sia fisica, economica, rivolta a giovani, donne o no, ritiene assolutamente necessario individuare quali possano ritenersi le migliori strategie d’adottare per poter prevenirla. Sottolinea che questo sarà il prossimo compito che l’attende.

Riprende la parola Pallucca per avvertire che per favorire un migliore approccio alla tematica del maltrattamento, interverrà prima la Dott.ssa Ravera e successivamente la Prof.ssa Sargenti.

La Dott.ssa Francesca Ravera è psicologa e psicoterapeuta, opera da qualche anno nel Servizio di Promozione e Qualità di Vita di ProSenectute. Le sue esperienze professionali in riferimento alla tematica oggetto di studio, hanno origine nei momenti in cui in qualità di psicoterapeuta operava in una Casa anziani in Italia ma anche all’attività svolta allo sportello di ProSenectute aperto proprio a chi ne ha bisogno di sostegno in merito a modalità che potrebbero collocarsi in casi di abuso anche se lievi.

Ravera prende la parola ed inizia presentando il servizio di ProSenectute in cui opera e accenna alle esperienze professionali attuali e precedenti in casa anziani ed in un consultorio famigliare, per meglio collocare la sua esperienza. Ribadisce che il lavorare con le famiglie ma anche con solo gli anziani, abbia arricchito notevolmente le sue esperienze in particolar modo nel campo difficile e delicato dei maltrattamenti Chiede alle partecipanti di intervenire quando lo ritengano necessario. Il risultato è stato quello di poter assistere ad una vera e propria interazione, molto dinamica fra lei e le presenti che arricchisce ulteriormente la presentazione di Ravera ma anche la partecipazione.
Oltre alle esperienze sul campo, la relatrice accenna a un libro “Persone Care” di Vera Giaconi Edizioni Sur, che in dieci racconti trasmette il legame fra le persone care.
Sottolinea che proprio le persone care son quelle che ci impegnano di più nella vita; lo stare vicino ed occuparsene delle persone care può diventare un impegno insostenibile.

Pone il quesito alle partecipanti “che cos’è il maltrattamento?”.
Una partecipante si riferisce al rallentamento di suo marito durante l’invecchiamento che a lei creava impazienza e sostiene che se non era attenta e controllata, l’avrebbe trattato male. Il fatto della difficoltà che pone l’anziano con i cambiamenti temporali e non solo richiede pazienza e autocontrollo. Inoltre dover ricordare all’anziano costantemente molte regole del comportamento, come agli adolescenti, può anche fare innervosire il famigliare che lo assiste.

A tale proposito Ravera affronta subito le modalità relazionali fra l’anziano e chi l’accudisce accennando a quanto in modo ricorrente l’anziano viene trattato come un bambino oppure un adolescente, perdendo completamente di vista che l’anziano non è sprovvisto di esperienze, quindi non è all’inizio della vita. Inoltre l’uso di vezzeggiativi e coccole fuori luogo o altre forzature, vengono purtroppo talvolta usati quotidianamente.

Riprendendo i cambiamenti rispetto al fattore tempo, va detto che da giovani non si vede l’ora di poter rallentare; il non dover correre sempre, si vede come qualcosa che porta alla libertà, eppure quando l’anziano rallenta per gli altri è uno shock. Bisognerebbe accorgersi della necessità di accompagnare questo rallentamento che potrebbe porci di fronte alla fragilizzazione dello stesso anziano. In questa direzione si potrebbe sostenere che “perdere la pazienza” o comportamenti simili, denotano scarsa accettazione dei cambiamenti che l’anziano in quanto tale sta attraversando.

A questo punto proviamo a definire il maltrattamento degli anziani e ci domandiamo se é un atto, un gesto o un atteggiamento e per analizzarlo è anche necessario interrogarsi sul rapporto che c’è tra chi mette in atto un atteggiamento maltrattante e chi lo riceve. Sarebbe necessario inoltre riflettere sull’entità stessa dell’atto maltrattante e sulla gravità o meno.
Possiamo affermare che «Il maltrattamento degli anziani è un insieme di comportamenti o di atteggiamenti, singoli o ripetuti che riguardano la persona anziana all’interno di un contesto di confidenza o di dipendenza che può causare l’esaurimento o delle ferite a queste persone.
Il maltrattamento può essere di tipo fisico, morale, finanziario, sessuale o più semplicemente negligenza.»

A questo punto però è necessario distinguere la violenza dal maltrattamento ordinario.
Nella violenza assistiamo ad una intenzionalità negativa dove l’aggressività attiva del maltrattante, procura un grave danno psicofisico all’anziano. In questo caso i mass media danno grande enfasi al problema, dichiarano apertamente forte indignazione e tolleranza zero e ribadiscono gli estremi per l’intervento a livello legale.

Il maltrattamento ordinario invece è involontario e non intenzionale, quindi l’aggressività del maltrattante è passiva. Il danno che procura è psicologico quindi invisibile ed è riscontrabile sia in ambito istituzionale o nel contesto domiciliare. Si tratta di un fenomeno che viene ignorato dai media e dall’opinione pubblica, in cui gli estremi per un intervento legale non emergono.

A questo punto possiamo affermare che il rischio zero di maltrattare non esiste, ed i fattori che possono determinarlo sono svariati.
Assistiamo ad esempio a differenti percezioni rispetto a ciò che riteniamo maltrattante o a cosa non lo é. Queste differenze dipendono da noi e dai nostri valori, capacità, modi d’intendere, ma anche dalla conoscenza che abbiamo dell’anziano che abbiamo di fronte.
Risulta innegabile la difficoltà che genera l’occuparsi di soggetti con problematiche cognitive, ed il riconoscimento della frustrazione che talvolta la pratica professionale con questi soggetti genera, non sempre è a portata di tutti.
Uno stesso gesto, atto, atteggiamento potrebbe avere conseguenze diverse in contesti diversi e con persone diverse.

Esistono però alcuni fattori di rischio nel famigliare curante, che potrebbero mettere a repentaglio una “sana relazione” con l’anziano.
Ad esempio la sensazione d’impotenza, il sovraccarico di impegni, lo stress, l’esaurimento, possono ridurre la capacità cognitiva del caregiver. Se a ciò aggiungiamo la mancanza di gratificazione per il lavoro svolto, le eventuali difficoltà economiche e sociali, la dipendenza economica dalla persona anziana, la non conoscenza e accettazione della malattia del proprio caro, è facile avvicinarsi al rischio di maltrattare.
Per quanto detto riteniamo un grosso rischio il dover essere unico caregiver; la convivenza in ambiente ristretto, l’isolamento sociale e l’assenza di sostegno e aiuto esterno, favoriscono le difficoltà relazionali con il soggetto da accudire.

Pur consapevoli che ogni anziano è una persona unica e diversa dalle altre attorno alla quale gravitano molteplici dinamiche famigliari e istituzionali, abbiamo riscontrato alcune caratteristiche comuni agli anziani dipendenti che di seguito elenchiamo.
Generalmente ci si riferisce ad un paziente complesso, con un forte bisogno di cure sia tecniche che emotive e relazionali, (alta dipendenza da terze persone come caregiver, badante, spitex, figli), che presenta disturbi cognitivi, disturbi della comunicazione con difficoltà di espressione e comprensione, disturbi comportamentali e/o di aggressività con pochi contatti sociali.

Onde completare questa riflessione ci sembra opportuno identificare alcune delle cause che potrebbero generare il maltrattamento.
Fra le cause relazionali troviamo alla base il rapporto anziano/caregiver, caratteristiche del famigliare, dell’ospite, dell’operatore, ed i bisogni di ciascuno di questi. Per quanto riguardano le cause situazionali/ambientali troviamo i fattori contestuali, le condizioni di lavoro, le questioni organizzative.
Fra le cause sociali risulta determinante l’immagine che si ha delle case per anziani, e contemporaneamente l’immagine e la rappresentazione che la società ha degli stessi anziani.
Infine sono determinanti anche le eventuali cause personali e cioè i disturbi psichici dei curanti, il probabile disagio emotivo, la motivazione al lavoro, lo stress, l’insoddisfazione.

Da quanto enunciato fino ad ora ci permettiamo di ribadire alcuni elementi essenziali che potrebbero garantire ai professionisti una miglior presa a carico dell’anziano.
Riteniamo fondamentale la conoscenza delle patologie cognitive, psichiatriche, dipendenze e delle loro manifestazioni e correlazioni e la conoscenza della biografia dell’anziano e/o dell’anamnesi clinica del paziente.
Infatti solo con una solida formazione, in presenza di competenze tecniche e relazionali, e basandosi in una solida conoscenza di sé, dei propri limiti e risorse, è possibile affrontare una relazione professionale solida e predisposta a mettersi in discussione e riflettere sul proprio agire professionale.

 

Carla Sargenti è stata docente e ricercatrice al DEASS della SUPSI e da poco in pensione, da quaranta anni si occupa professionalmente di geriatria e gerontologia.
La riflessione che porta è frutto di esperienze maturate in questi ultimi 20 anni, in effetti a fine anni ‘90 lavorava già su questo tema a Ginevra. La sua attività di formazione alla Supsi, la collaborazione con PIPA a partire dal 2000 le hanno permesso di arricchire l’esperienza professionale. La ricerca nelle Case per Anziani attuata dal Centro Competenza Anziani della SUPSI per conto del Cantone ha aggiunto un tassello importanti al suo bagaglio professionale; è proprio di questa indagine che parlerà.

Sargenti specifica che parlerà di Maltraitance Ordinaire (in seguito MO) chiamata anche maltrattamento passivo o istituzionale e di Bientratance (in seguito Bi). Fa presente che il 70% dei maltrattamenti avviene nelle mura domestiche mentre il rimanente 30% in istituzione.

La MO é quel tipo di maltrattamento che si insinua in modo impercettibile nei gesti di vita quotidiana, è molto rischiosa e tende ad essere banalizzata perché apparentemente invisibile e dunque, viene quasi accettata passivamente. E’insidiosa perché non si manifesta attraverso gesti clamorosi e chiaramente definiti, ma attraverso «piccole» negligenze e disattenzioni quotidiane.
Alcuni esempi sono fare una toilette velocemente, imboccare senza prestare attenzione alla persona, non rispondere a richieste di vicinanza ed ascolto, l’utilizzo di un linguaggio non conforme e poco rispettoso, i rumori, ecc…

La MO si annida nei piccoli gesti quotidiani ed è la banalizzazione di queste stesse azioni da parte dell’anziano ma anche da chi se ne occupa di lui, a renderla pericolosa. Non procura ematomi ma vere e proprie lesioni psicologiche.
Talvolta le norme, le prassi istituzionali, le regole organizzative che l’anziano non gradisce (orari di cena o di lasciar la camera) oppure l’eccessiva stimolazione a partecipare a differenti attività possono far parte della MO.

Ma nella maggior parte delle situazioni di MO, non vi è necessariamente intenzionalità, o coscienza di nuocere, ma piuttosto domina prioritariamente l’assenza di coscienza, di pensiero, d’intenzione, di empatia … In definitiva, prevale l’assenza dell’Altro.

Sargenti affronta di seguito il tema della bientraitance (Bi) e individua l’approccio che la caratterizza come il cammino che le organizzazioni e i professionisti devono compiere per sviluppare quella cultura comune che pone realmente al centro il rispetto incondizionato della persona, rendendola a pieno titolo co-autrice del suo percorso (partecipazione del residente e dei famigliari alle decisioni e al suo progetto di vita), rispondendo così ai principi enunciati nella Carta della bientraitance e all’evoluzione legislativa in materia di tutela dei diritti umani.

La Bi si traduce in una cultura condivisa che ispira le azioni individuali e le relazioni collettive all’interno di un servizio, a partire da visione e valori istituzionali declinati nell’agire e interagire quotidiano.
Si caratterizza nella ricerca permanente e continua di personalizzazione della prestazione e richiede uno scambio continuo tra tutti gli attori coinvolti.
Valorizza il ragionamento critico che porta a una costante riflessione etica collettiva sulle pratiche professionali, permettendo quella dinamica di circolarità di pensiero e azioni richiesta dalla complessità.

A livello operativo la Bi promuove il rispetto incondizionato della persona anziana, dei suoi diritti e delle sue volontà, della sua storia, della sua dignità e della sua individualità; rendendola a pieno titolo co-autrice del suo percorso.
Incoraggia quindi il saper essere, un saper agire, un saper ascoltare e un saper dire, attento all’altro, reattivo ai bisogni e alle richieste dell’anziano e rispettoso delle scelte e ancora di più dei rifiuti.
Perciò dà impulso ad un’attitudine di attenzione e di adeguamento permanente all’evoluzione dei bisogni e alle situazioni specifiche delle persone anziane.
Per quanto detto il modello della Bi ci porta ad aderire a tutti i suoi principi e a condividere tutti i valori dichiarati a livello teorico; a livello pratico però è più difficile renderli praticabili nella quotidianità professionale di tutti i giorni.
Sovente l’operatore deve sapersi confrontare con i rifiuti (di cura, di assistenza, anche personali) … accettarli senza scoraggiarsi non sempre è facile. Possiamo affermare che quando le situazioni sono semplici, tutto va bene, ma che di fronte a reazioni inattese, dilemmi esistenziali, rifiuti, scelte difficilmente condivisibili o quando la sua scelta è diametralmente opposta a ciò che avrei fatto io, le soluzioni non sono mai scontate!
Pensiamo poi a quando so che questo atteggiamento è nocivo alla sua salute,è contrario al principio di salute o di igiene … ma è una sua scelta e denota l’autodeterminazione!? Quanto tempo è necessario per decidere il da farsi e quanta riflessione risulta necessaria prima di arrivare a stabilire la scelta finale?
Poi, è da tenere presente che individualmente possiamo essere tutti attenti, rispettosi, ma a livello di gruppo, di équipe, di settore, è possibile sempre osservare tutto quello che la Bi consiglia?

Sargenti dopo questa necessaria e ricca premessa, ritiene complementare affrontare anche se non in modo approfondito, gli elementi fondamentali della ricerca del 2013-15 diventata progetto a partire del 2016 sul tema «Prevenzione del maltrattamento e promozione della bientraitance» .

La DASF (divisione dell’Azione Sociale e delle Famiglie) come si accennava all’inizio, decide di approfondire il fenomeno del maltrattamento nelle Case per Anziani, propone il mandato al team SUPSI-Centro Competenze Anziani che imposta il percorso basandosi su un approccio aperto, qualitativo.
Gli obiettivi individuati erano acquisire elementi di comprensione della complessità del lavoro in Casa per Anziani (competenze, comportamenti, formae mentis, …), valorizzare l’impegno degli operatori e identificare fattori di rischio e protezione rispetto alla maltraitance ordinaire/bientraitance delle persone residenti.

I valori che hanno guidato il progetto e la ricerca sono i seguenti.
Il rispetto della persona, della sua dignità ed intimità, della riservatezza e della privacy.
Il rispetto dell’AUTODETERMINAZIONE della sicurezza e della libertà.
Il riconoscimento dell’identità della persona e del suo progetto di vita, nonché la garanzia di continuità nei diversi processi (accoglienza, accompagnamento,…)

La partecipazione alla ricerca era su base volontaria; è stato creato un campione rappresentativo composto da 17 case. Oltre a queste e alla fine della ricerca altre case hanno sollecitato per poter aderire al progetto arrivando ad una trentina d’istituti partecipanti.

In ognuna delle case del campione, è stata effettuata un’osservazione strutturata, è stata somministrata una scheda ai collaboratori, è stata analizzata la documentazione interna (protocolli, struttura, strumenti di cura, ecc). E’ stato creato un focus group con i quadri istituzionali per approfondire gli elementi emersi e raccogliere ulteriori informazioni.
Al termine sono stati restituiti i risultati sensibilizzando i collaboratori sulla situazione riscontrata ed è stato redatto un rapporto conclusivo.

 

Alcune tendenze emerse e su cui riflettere.
Da questa esperienza emerge che nelle strutture per anziani del Cantone vi è grande impegno, molta motivazione e una vasta apertura, ma forse bisogna soffermarsi e meglio riflettere sulla scarsa consapevolezza di situazioni di Bi (rispetto ai valori di riferimento).
E’ emersa infatti la difficoltà a cogliere la ricchezza e la raffinatezza sviluppata in queste circostanze, dunque la difficoltà a far divenire queste prassi un esplicito modello di riferimento che quindi potrebbero costituire situazioni riproducibili!
E’ affiorato un certo stupore di fronte a situazioni di MO, già identificate dall’organizzazione ma che si ripresentano (rumore assordante durante i pasti, parlare della persona in terza persona, scarsa attenzione all’intimità, …)
E’ apparsa una diversificazione evidente, specialmente negli stili relazionali e nelle sensibilità rispetto ai comportamenti. (rappresentazioni, percezioni individuali, e/o una probabile non solida conoscenza gerontologica-geriatrica).
E’ rilevata la presenza di troppi progetti in corso, con eccessiva pressione sui collaboratori (stanchezza e potenziale inefficacia).

La sensibilizzazione ha consentito agli operatori di interrogarsi su prassi consolidate, su “stili comunicativi” e “modus operandi” non omogenei. È stato loro possibile quindi di scoprire e valorizzare buone prassi ed eccellenti modalità d’interazione e riconoscimento dell’altro, e di acquisire maggior consapevolezza e condivisione, ma anche di rinforzare la posizione delle direzioni e dei quadri intermedi rispetto a tematiche scottanti. 

Nel processo di promozione della Bi assumono particolare importanza la dimensione manageriale e organizzativa al fine di permettere lo sviluppo di una cultura condivisa a partire da visioni e valori istituzionali declinandoli nell’agire e interagire quotidiano!
Potenziare e sostenere concretamente nella quotidianità momenti condivisi di discussione di situazioni/casi clinici complessi attraverso i quali interrogarsi tanto a livello di buone cure, che di funzionamento del gruppo, diventano fondamentali.
Individuare, monitorare e condividere i diversi rischi di deriva (MO) in un’ottica di co-costruzione (statuto dell’errore).
Promuovere la corresponsabilità collettiva; tutti «responsabili» dell’agire del gruppo.

In quest’ottica diventa fondamentale avere un quadro istituzionale stabile, trasparente, con regole conosciute, e una posizione chiara rispetto al fenomeno dei maltrattamenti.
E’ determinante poter definire ed esplicitare ciò che si riesce e non si riesce ad offrire !
E’ molto importante verificare fin dall’ingaggio, poi monitorare alcuni aspetti legati alle rappresentazioni, alla definizione dei percorsi formativi in modo chiaro e consequenziali, per garantir il consolidamento della trasposizione nella pratica. 

A questo punto e per riassumere Sargenti sostiene che la bientraitance NON è solo assenza di maltrattamento e NON è solo prevenzione del maltrattamento, ma è da considerarsi un processo dinamico di cambiamento culturale, un orizzonte verso cui tendere, mai definitivamente acquisito, richiede una mobilizzazione di tutta la struttura (compresi residenti e famiglie) in un progetto collettivo e trasversale.
Considera quindi la Bi una costante rimessa in questione delle pratiche professionali e delle modalità di accompagnamento e una predisposizione all’interrogativo accogliente piuttosto che alla risposta preconfezionata e statica.

Infine vengono ribaditi alcuni messaggi da portarsi a casa alla fine di questo pomeriggio quali ad esempio:
Ognuno, nel proprio ambito e ruolo, deve sentirsi responsabile, di promuovere attitudini bientraitantes, ponendo l’attenzione ai diversi rischi di deriva …
«per il suo bene», «l’ha detto il dottore», «abbiamo sempre fatto così», «io farei così», banalizzare, ecc. ...
Chi compie un gesto non adeguato, ha un’attitudine poco rispettosa dell’altro, NON lo fa (generalmente) per nuocere!
Siamo tutti a rischio d’incorrere in attitudini di MO.

È importante

  • Conoscere il fenomeno e interrogarsi sulle infinite aree grigie!
  • Condividere e parlarne in un clima di fiducia.
  • Interrogarsi costantemente e non dare niente per scontato.
  • CURARE CHI CURA

 

 

Autodeterminazione e dipendenza

Sintesi (Versione italiana)

L’età avanzata e le aspettative delle donne

Elisabeth Ryter e Marie-Louise Barben
Berna 2018
Edito da
Gruppo del Manifesto della GrossmütterRevolution

Impressum

Sintesi e incentivo all’organizzazione di gruppi di discussione

Autodeterminazione e dipendenza

L’età avanzata e le aspettative delle donne
(Versione italiana: Monica Gambetta)

Edito da: Gruppo del Manifesto della GrossmütterRevolution
La GrossmütterRevolution è una piattaforma e un think tank per le donne dell’odierna generazione di nonne.

Un progetto del Percento culturale Migros.
www.grossmuetter.ch, www.percento-culturale-migros.ch

Il presente opuscolo è basato sul rapporto (in tedesco):

Elisabeth Ryter, Marie-Louise Barben (2018):
Selbstbestimmung und Abhängigkeit
Erwartungen von Frauen an das hohe Alter

Il rapporto integrale e la sintesi (in tedesco) possono essere scaricati dal sito www.grossmuetter.ch,
o ordinati presso

GrossmütterRevolution
Anette Stade Güterstrasse 141
4053 Basel
+41 61 361 46 46

La sintesi in italiano può essere scaricata dal sito www.avaeva.ch
o ordinata presso

Movimento AvaEva
Valentina Pallucca Forte, coordinatrice
Via Al Moretto 4 6924 Sorengo +41 76 679 07 78
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

L’età avanzata – un impegno continuo della GrossmütterRevolution

L’età avanzata e l’invecchiamento sempre più marcato di una porzione importante della popolazione sono dati di fatto. Se ne parla in riferimento ai costi (in aumento), ai posti (insufficienti) nelle case per anziani, alla (incombente) carenza di manodopera qualificata negli istituti di cura o agli (imminenti) oggetti intelligenti che in futuro dovranno essere di ausilio alle persone anziane, ma ben di rado si chiede che cosa ne pensano i diretti interessati.

Negli ultimi anni, il Gruppo del Manifesto della GrossmütterRevolution ha pubblicato tre rapporti sul tema dell’età avanzata:

  • Das vierte Lebensalter ist weiblich. Zahlen, Fakten und Überlegungen zur Lebensqualität im hohen Alter, 2012 (La quarta età è donna. Cifre, fatti e riflessioni sulla qualità di vita in età avanzata. Versione abbreviata con rivendicazioni, 2012);
  • Care-Arbeit unter Druck. Ein gutes Leben für Hochaltrige braucht Raum, 2015 (Assistenza sotto pressione. Per una buona vita nella terza e quarta età. Sintesi e raccomandazioni, 2015);
  • Selbstbestimmung und Abhängigkeit. Erwartungen von Frauen an das hohe Alter, 2018.

Quello che le donne desiderano

L’ultima fase della vita è chiamata anche quarta età. Ha inizio nel momento in cui, a causa di limitazioni fisiche o mentali, gestire la quotidianità senza aiuti esterni diventa, totalmente o in parte, impossibile. L’età avanzata è altresì un universo femminile: con l’aumentare dell’età cresce la percentuale di donne rispetto agli uomini, e pure i professionisti, i volontari e i familiari curanti attivi in quest’ambito sono per circa l’80 per cento donne. Alla luce di questo contesto, il Gruppo del Manifesto ha così deciso di interpellare solo donne per il suo progetto. Nel corso del 2018, si sono 4 tenuti nove gruppi di discussione (focus group) della durata di tre ore composti di sei-otto donne di età compresa tra 55 e 75 anni (in totale 68 donne), a cui sono state poste domande sulle loro idee e sui loro desideri in riferimento all’ultima fase della vita.

Il rapporto integrale Selbstbestimmung und Abhängigkeit (solo in tedesco, circa 80 pagine), scaricabile e ordinabile agli indirizzi indicati nell’impressum, riporta nel dettaglio gli interventi delle partecipanti e contiene molte informazioni di base su tutti i temi affrontati.

Autonomia e integrità

Autonomia, se possibile fino alla fine dei propri giorni. Questo desiderio è il filo rosso che unisce tutte le discussioni incentrate sull’età avanzata. Autonomia nel senso di autodeterminazione quale pretesa nei confronti di sé stessi, ma anche quale richiesta della società a ognuno di noi. L’autonomia totale è però un’illusione, considerato che per l’intera esistenza dipendiamo da qualcuno che si prende cura di noi (mamme, papà, compagni di vita, amiche/amici, familiari, personale di cura) e da oggetti indispensabili per la nostra vita quotidiana e professionale (ad esempio computer, telefonino, lavatrice).

A questo concetto assoluto di autonomia contrapponiamo, rifacendoci alle considerazioni della filosofa e psicoterapeuta Lisa Schmuckli, la nozione di integrità nei rapporti di dipendenza, espressione con la quale essa intende «un senso soggettivo di sé e della comprensione di sé, un’idea di integrità nella consapevolezza di poter essere feriti». L’autonomia e l’autodeterminazione non sono quindi gli obiettivi primari. Si tratta piuttosto dell’essere e rimanere integri nella propria percezione e in quella degli altri.1

1 Schmuckli, Lisa (2016). Autonomie im Alter – abhängige Unabhängigkeit. Interventi tenuti il 14 aprile 2016 in occasione del convegno primaverile della GrossmütterRevolution e il 2 settembre 2016 durante il RegioForum della GrossmütterRevolution a Berna. (https://www.grossmuetter.ch/arbeitsgruppen/arbeitsgruppe-integritaet/impulsreferate-lisa-schmuckli)

Esiti scaturiti dalle discussioni di gruppo

Esperienza con l’età avanzata Le idee sull’età avanzata si fondano pure sul proprio vissuto. Tranne poche eccezioni, tutte le partecipanti alle discussioni di gruppo avevano esperienza di assistenza e sostegno a loro congiunti anziani, nella maggior parte dei casi ai genitori, più di frequente alla mamma. Di loro, soltanto una minoranza si occupava anche della cura (del corpo) vera e propria, un aspetto in genere affidato ai servizi Spitex. Le prestazioni fornite dai familiari erano di aiuto nell’organizzazione della quotidianità (fare la spesa, cucinare, accompagnare, occuparsi di questioni amministrative ecc.) e di natura sociale (visite, consigli, presenza).
L’accompagnamento, intensivo e spesso protratto sull’arco di più anni, all’inizio prestato a domicilio e successivamente per lo più in una casa di cura, era talvolta contraddistinto da sentimenti ambivalenti e situazioni difficili: ad esempio quando si trattava di prendere decisioni che andavano contro il volere dei genitori o quando i ruoli di figlia, nonna, mamma o donna professionalmente attiva entravano in conflitto.
Tutto sommato, però, l’assistenza interfamiliare funziona. Seppure non ci si senta tenuti ad accogliere e curare in casa propria i genitori o il genitore superstite, nella misura permessa dalla propria situazione prestare sostegno e aiuto è considerato un gesto scontato.

Tre scenari

Per ricevere risposte il più autentiche possibile in merito ai temi più importanti, abbiamo lavorato con degli scenari: abbiamo posto le partecipanti ai gruppi di discussione di fronte a una situazione e le abbiamo invitate a reagire.
Le donne sono state così costrette a riflettere anche su situazioni che sperano non si verifichino mai.

1 Abitare

Scenario 1

Le partecipanti sono state invitate a ripensare la loro situazione abitativa in seguito a questioni di forza maggiore, come la ristrutturazione totale dell’appartamento in cui vivono. Quali sono i loro desideri in un caso del genere?

I desideri delle partecipanti sono incentrati sul rimanere il più a lungo possibile nel proprio appartamento, nella propria casa, nel proprio quartiere o nel proprio Comune, perché conoscono bene i negozi e le linee dei mezzi pubblici, e hanno rapporti cordiali con i vicini. Poter rimanere nell’ambiente conosciuto compensa anche gli attuali svantaggi, come l’abitazione in realtà troppo grande, non adeguata alle esigenze di una persona anziana, troppo costosa o troppo impegnativa da tenere in ordine. Numerose interpellate hanno già cambiato la loro situazione abitativa pensando al futuro o perché obbligate, ne sono soddisfatte e possono fungere da esempio per quelle che sono ancora alla ricerca di una soluzione.
Per quanto riguarda i desideri legati all’abitazione, si delineano le seguenti tendenze: un appartamento più piccolo, allestito a misura della persona anziana, ubicato in un quartiere vivace con buone offerte di assistenza oppure in una comunità residenziale, di preferenza intergenerazionale, se possibile con servizi di cura e assistenza nelle immediate vicinanze. Il ricovero in un istituto non è ancora di attualità per la maggior parte delle interpellate. Un centro o una casa per anziani sono tuttavia considerati una soluzione valida per l’ultima tappa della vita. L’elevata importanza ascritta dalle persone anziane al quartiere o al Comune favorisce l’istituzione delle caring communities (comunità assistenziali) che si stanno sviluppando in molti luoghi in Svizzera.
Si tratta di progetti che pongono in primo piano l’aiuto tra vicini e l’impegno della società civile.

2 Assistenza e cura

Scenario 2

Le partecipanti sono state poste di fronte a questa situazione: dopo una seconda caduta, il conseguente ricovero in ospedale e poi in una struttura di riabilitazione, è diventato impossibile gestire la quotidianità senza aiuto. Le partecipanti optano per un aiuto a domicilio o prendono in considerazione il ricovero in istituto? Che cosa desiderano?

Le partecipanti ai gruppi di discussione fanno un distinguo tra cura e assistenza pure quando si tratta delle proprie esigenze, esattamente come hanno già fatto riferendosi ai familiari anziani. Per la cura ci sono i servizi Spitex. Ma per tutto il resto? L’elenco di ciò che l’assistenza, l’accompagnamento, il sostegno e l’aiuto – termini che sovente vengono utilizzati come sinonimi – includono è interminabile: lavori in casa e in giardino, accompagnamento e sostegno per la spesa e per i contatti con autorità, medici e consultori, disbrigo di faccende amministrative, contatti sociali, ascolto, domande, promemoria, essere presenti, lettura ad alta voce ecc. Solo alle specialiste tra loro è noto che le prestazioni di cura sono definite in modo esaustivo e disciplinate dalla legge, e che solo queste sono rimborsate dalle casse malati. Anche alle succitate condizioni, coloro che ambiscono a rimanere a casa nonostante notevoli limitazioni sono in chiara maggioranza. Il loro desiderio è di poter usufruire il più a lungo possibile di un sostegno professionale ambulatoriale. Con questo, le più si riferiscono verosimilmente a servizi Spitex pubblici o di utilità pubblica, dato che solo di tanto in tanto vengono citate altre forme di sostegno. Sui motivi per cui preferiscano esplicitamente non essere curate dai familiari si può solo speculare: un carico troppo pesante, un impegno sproporzionato, una vicinanza eccessiva, mancanza di competenze? Familiari e amiche/amici hanno tuttavia un ruolo ben preciso: sono importanti per i contatti sociali. Quando si tratta però di prestazioni di assistenza concrete, come quelle menzionate, praticamente non vengono mai citati. Qui rimane un vuoto. Le interpellate desiderano che i contatti sociali siano un dare e ricevere volontario e vicendevole tra pari.

3 Demenza

Scenario 3

Le partecipanti sono state poste di fronte alla situazione seguente: il loro stato di salute è gradualmente peggiorato e sono comparsi nuovi sintomi (difficoltà di concentrazione, smemoratezza, problemi a esprimersi). Il medico di famiglia constata una demenza destinata a peggiorare. La capacità decisionale è limitata.

Anche in una situazione del genere le partecipanti ai gruppi di discussione vogliono continuare a dire la loro, coscienti che ciò significa adottare con sufficiente anticipo i provvedimenti del caso. I familiari o altre persone di riferimento devono essere a conoscenza dei loro desideri. Possibili persone di fiducia sono figli o parenti stretti. Per chi non ha figli, la questione è più difficile. La demenza/l’Alzheimer fa paura. A quel punto, la maggior parte delle partecipanti vede come unica soluzione idonea la casa di cura. Le partecipanti vorrebbero continuare a essere percepite come individui ben distinti e trattate con rispetto. Se necessario, le persone di fiducia devono difendere la loro dignità, assicurandosi pure che abbiano un aspetto curato.
Senza che il tema fosse stato sollevato direttamente, si è altresì parlato della morte autodeterminata e quindi del suicidio assistito.

Provvedere per tempo

Alla domanda su che cosa sia in realtà pianificabile, una partecipante ha risposto che in fondo nulla lo è, ma ciò non significa che non bisogna fare piani, trovando così una formulazione probabilmente condivisa dalla maggior parte delle interpellate. Pianificare significa anche assicurare il più a lungo possibile la propria autodeterminazione. In questo contesto, sono emersi chiaramente due aspetti: gli strumenti giuridici e il ruolo dei familiari.

Il testamento biologico è uno strumento di autodeterminazione volto a garantire l’espressione del proprio volere pure in situazioni in cui non si è (più) in grado di agire e/o decidere. È tuttavia un dato di fatto che tali testamenti spesso non sono compilati in misura sufficiente oppure non contengono istruzioni su come procedere in determinate situazioni. È in ogni caso importante consultare uno specialista e di tanto in tanto verificare l’attualità delle proprie disposizioni.
Al momento, è un altro lo strumento assurto al centro dell’attenzione: la pianificazione sanitaria anticipata (Advance Care Planning).
Tra le novità che comporta figura il fatto che deve essere imperativamente elaborata d’intesa con specialisti e familiari, e che le istruzioni che contiene designano l’obiettivo desiderato di un trattamento, obiettivo che a sua volta funge da base per i provvedimenti da adottare.

Un altro strumento di pianificazione rilevante è il mandato precauzionale, il quale subentra quando una persona non è più capace di discernimento. Da un lato definisce chi si deve occupare dei provvedimenti medici e delle loro conseguenze (cura della persona), dall’altro a chi compete la gestione delle questioni di diritto patrimoniale e finanziarie (cura degli interessi patrimoniali).

Per tutti gli strumenti è fondamentale parlarne chiaramente in seno alla famiglia o con amici, conoscenti e coloro che entrano in considerazione come mandatari, sebbene non sia facilissimo. Sono tuttavia tasselli fondamentali per far sì che un giorno la propria volontà sia effettivamente rispettata.

L’ultima fase della vita

I desideri espressi dalle partecipanti pensando all’ultima fase della vita non divergono tanto per i contenuti quanto per l’intensità da quelli espressi in relazione all’abitare, alle cure o all’assistenza. Alla domanda su quello a cui non vorrebbero mai rinunciare hanno infatti dato due risposte: da un lato alle cose quotidiane che rendono la vita degna di essere vissuta (la musica, i libri o la mobilità, anche assistita, affinché resti possibile incontrare 10 persone o stare in mezzo alla natura) e dall’altro ai contatti sociali, alla tutela della dignità e all’autodeterminazione.
Pure da anziane con limitazioni fisiche, magari anche mentali dovute alla demenza, vogliono essere considerate individui con le proprie peculiarità, curare contatti alla pari, se possibile prendere decisioni o partecipare al processo decisionale, nonché evitare di venire trascurate fisicamente ed emotivamente.
Essere considerate soltanto un peso e apparire agli occhi della società esclusivamente come fattore di costo sono ulteriori timori espressi. Altre sono però fiduciose e confidano di beneficiare di una rete di sostegno – privata e sociale.

Trasmettere l’idea delle discussioni di gruppo

Per la GrossmütterRevolution è molto importante che tali discussioni di gruppo vengano organizzate anche oltre il presente progetto, perché a suo parere lo scambio di esperienze, interrogativi e timori in vista dell’età avanzata fornisce un contributo rilevante affinché questa fase della vita e le esigenze a essa connesse vengano percepite in modo maggiormente differenziato – sul piano strettamente individuale, in seno alla famiglia e nel dibattito sociale.
Per questa ragione, la GrossmütterRevolution da un lato sonderà altre possibilità di offrire simili occasioni e dall’altro sosterrà donne e uomini desiderosi di organizzare gruppi di discussione del genere.

Vi piacerebbe partecipare a una tale discussione di gruppo? Volete organizzarne una?

Ecco di seguito alcune indicazioni e un suggerimento.

Obiettivo delle discussioni

Autodeterminazione e dipendenza sono temi che acquistano importanza con l’avanzare dell’età fino a diventare determinanti. Parlarne può servire a riflettere su come desideriamo sia l’ultima fase della vita e quali siano i limiti della pianificabilità.
In piccoli gruppi composti di persone con interrogativi simili o identici e in un contesto protetto è possibile dar voce anche a preoccupazioni e paure. Possiamo inoltre imparare gli uni dagli altri: che cosa hanno già fatto altri? Come posso affrontare un determinato problema? Dove trovo consigli e sostegno? Come affronto questi discorsi con la mia famiglia?

Temi, domande, scenari

  • Per il nostro progetto, ci siamo orientate alle seguenti domande principali.
  • Esperienze e conoscenze: quali esperienze con l’accompagnamento di persone nell’ultima fase della vita e quali conoscenze sulle offerte di sostegno hanno le partecipanti?
  • Abitare: trasloco in vista! Come e dove vorrebbero vivere le partecipanti nell’ultima fase della vita?
  • Cura e assistenza: da chi desiderano ricevere aiuto, sostegno, accompagnamento e cure quando non saranno più in grado di gestire autonomamente la quotidianità?
  • Capacità decisionale/demenza: quali timori e paure scatena la demenza nelle partecipanti? Come e da chi vorrebbero essere curate, assistite e accompagnate dovesse insorgere una tale malattia?
  • Pianificazione tempestiva: che cosa possono fare le partecipanti oggi affinché domani i loro desideri siano rispettati? Quali sono i limiti della pianificabilità?

Naturalmente sono possibili altri argomenti chiave e priorità.

Esempio di scenario incentrato sul tema della cura e dell’assistenza

Senza aiuto non ce la faccio più

Immaginate lo scenario seguente: A casa (vecchia o nuova) inciampate nel bordo di un tappeto e cadete così malamente da rompervi l’anca. Finite in ospedale, dove vi operano. Dopo l’ospedale, andate per due settimane in riabilitazione con fisioterapia, accompagnamento medico e pensione completa. Di nuovo a casa, tutto (i lavori domestici, la spesa, i contatti sociali) vi costa molta più fatica ed è più impegnativo di prima.
Vi sentite meno sicuri e nemmeno la memoria è quella di una volta. Alla fine, succede quel che doveva succedere: cadete di nuovo e finite un’altra volta in ospedale. E dopo questo secondo ricovero?

Siete ancora in pieno possesso della vostra capacità decisionale, ma vi accorgete che senza l’aiuto di qualcuno, è difficile – o impossibile? – continuare a vivere a casa. E ora?

Organizzazione

  • Gruppo di discussione: discussione su un argomento specifico con un dato numero di partecipanti condotta da una moderatrice sulla base di linee guida con domande aperte. Familiarità ed estraneità hanno lo stesso peso: nel gruppo dovrebbe instaurarsi un’atmosfera di fiducia, ma un’eccessiva familiarità tra i partecipanti può tuttavia essere controproducente. È auspicabile che tra i partecipanti nasca una discussione. I gruppi di discussione possono far emergere relativamente in fretta un’ampia gamma di opinioni, anche controverse.
  • Gruppo mirato: in linea di principio persone tra i 60 e i 75 anni. È importante che il gruppo sia ben assortito. Si raccomanda di evitare un’eccessiva eterogeneità.
  • Dimensioni del gruppo: tra sei e nove persone. In un gruppo molto piccolo non si sviluppa un dinamismo sufficiente, in un gruppo troppo grande non tutti riescono a esprimersi a sufficienza.
  • Durata della discussione di gruppo: due-tre ore secondo il catalogo di domande. Tre ore (inclusa una pausa) sono il limite massimo per i partecipanti più anziani. È essenziale rispettare il limite di tempo dato.
  • Conduzione/moderazione: deve essere leggera ma decisa affinché effettivamente si discuta delle domande centrali. Una conduzione a due è utile per riuscire ad attenersi ai temi e rispettare i tempi.
  • Confidenzialità: è fondamentale. Quello che viene detto nel gruppo resta nel gruppo.
  • Giro di presentazioni: da fare brevemente prima di affrontare i temi previsti.
  • Riscontri al termine: in che misura la discussione è stata utile? Che cosa è mancato?
  • Se sono previsti più gruppi, può eventualmente valere la pena svolgere dapprima la discussione con un gruppo pilota e raccoglierne i riscontri.

Sostegno

La GrossmütterRevolution è volentieri a disposizione per quanto segue:

  • ricerca di persone desiderose di partecipare a un gruppo di discussione;
  • ricerca di gruppi di discussione per persone che vorrebbero parteciparvi;
  • consigli e consulenza sullo svolgimento;
  • ordinazione di documentazione (rapporto e sintesi in tedesco)

Contatto: Anette Stade
Capoprogetto GrossmütterRevolution Güterstrasse
141, 4053 Basilea
+41 61 361 46 46
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Il Movimento AvaEva è volentieri a disposizione per quanto segue:

  • ricerca di persone desiderose di partecipare a un gruppo di discussione;
  • ordinazione della sintesi in italiano

Contatto: Valentina Pallucca Forte
Coordinatrice Associazione Movimento AvaEva
Via al Moretto 4, 6924 Sorengo
Tel +41 76 679 07 78
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Autodeterminazione e dipendenza

Dove passerò la mia vecchiaia?

A quali condizioni invecchierò?

Come deve essere la mia ultima fase della vita perché possa sentirmi bene?

Prima o poi queste domande si pongono a tutti. La presentazione mira a sollevare una riflessione sul significato della qualità della vita durante il processo di invecchiamento. Benché i percorsi di vita siano molto differenti fra gli individui, con profili di fragilità e dipendenza molto variabili, domina in generale l’affermazione di aspetti esistenziali: il desiderio di padroneggiare le scelte e le decisioni riguardanti la propria vita (autodeterminazione), il bisogno di riconoscersi fedeli a sé stessi nel corso della propria storia biografica (sentimento di coerenza identitaria) e il desiderio di essere percepiti dagli altri come delle persone degne di rispetto e competenti (senso di autoefficacia e dignità).

La presentazione si baserà su risultati di ricerche presso anziani che vivono soli a casa, effettuate dalla oratrice in collaborazione con ricercatori del laboratorio di insegnamento e di ricercha “Vieillissement et Santé” della Alta Scuola della Salute La Source a Losanna, come pure su recenti lavori concernenti l’abitare in alloggi alternativi alle case per anziani.

Maria Grazia Bedin Professoressa associata HES-SO, Istituto e Alta Scuola della Salute La Source, Losanna

7° Convegno 2019: Autodeterminazione e dipendenza

7° Convegno: sintesi

Hotel Pestalozzi, Lugano – 21 ottobre 2019

 

Introduzione

Dopo essersi presentata,  la coordinatrice di AvaEva Valentina Pallucca Forte accoglie le partecipanti con un caloroso benvenuto al 7° Convegno dell’Associazione.

Successivamente ricorda l’importanza di AvaEva, gli scopi, gli obiettivi attuali e le ambizioni per il futuro, sottolineando quello che rappresentano per lei. Mette in luce quindi quanto sia interessante e stimolante per una giovane come lei conoscere e affiancarsi a donne che hanno “qualcosa da dire”.

Valentina evidenzia il lavoro dei sette anni in cui Norma ha coordinato l’Associazione ricordando che ora Norma è oggi diventata socia e le consegna a nome di AvaEva in riconoscimento del suo impegno, un omaggio floreale lasciandole poi la parola.

Norma si congeda ringraziando chi assieme a lei ha contribuito a far crescere l’Associazione.

In seguito la coordinatrice informa sulle questioni concernenti l’organizzazione complessiva della giornata, passando quindi all’apertura ufficiale del Convegno.

Autodeterminazione e dipendenza: perché la scelta di questa delicata tematica ?

Il Comitato nel scegliere come ogni anno il tema del Convegno, ha considerato il prolungamento dell’età della vita (soprattutto al femminile), individuando un vero rischio di vedere compromessa la propria autodeterminazione come diretta conseguenza.

Le donne della generazione di AvaEva sono per la maggior parte donne abituate da sempre a lottare, sia per vedere riconosciuti i propri diritti, sia per la dignità della propria famiglia.

Nella terza e quarta età si possono presentare fragilità che richiedono cure e maggior assistenza; il rispetto di queste e la considerazione dell’essere assistito e dei suoi bisogni potrebbe rischiare di venire meno.

In quest’ottica la giornata vuole contribuire alla riflessione sul tema e ci si auspica di poter dare alle partecipanti maggiori elementi per consentire una migliore delimitazione fra l’autodeterminazione e l’indipendenza nostra e quella degli altri, siano essi curanti o famigliari.

In seguito la Professoressa Maria Grazia Bedin dell’Istituto e Alta Scuola della Salute La Source di Losanna affronta la tematica oggetto della giornata, creando interesse e curiosità nelle partecipanti.

Relazione di Maria Grazia Bedin: Autodeterminazione e dipendenza 

> Leggi sintesi 
> guarda la presentazione in PowerPoint

Alla fine della relazione la professoressa Bedin risponde ai quesiti posti dalle partecipanti.

Segue una pausa caffè dove s’incontrano e dialogano con gioia le “habitué” dell’Associazione.

Dopo la pausa Norma Bargetzi e Romana Camani-Pedrina, riferiscono su quanto emerso nella ricerca di Elisabet Ryter e Marie Louise Barben dal titolo “Autodeterminazione e dipendenza – aspettative delle donne riguardo all’età avanzata”.

Relazione di Norma Bargetzi e Romana Camani-Pedrina 

> leggi la sintesi del testo di Barben e Ryter  
> guarda la presentazione in PowerPoint

Questo tema sarà oggetto di riflessione dopo il pranzo nel pomeriggio, durante i lavori di gruppo.

Subito dopo la pausa pranzo, le presenti si riuniranno in tre gruppi per discutere sul tema con particolare riguardo a tre ambiti fondamentali del problema: l’abitazione, l’assistenza e la cura e la capacità di decidere.

 

Sintesi dei colloqui nei gruppi

Gruppo 1 –  Moderazione: Patrizia Tami Facchini e Norma Bargetzi

Abitazione - Assistenza e cura

Il gruppo riflette sul dover lasciare la propria casa per un’altra abitazione più piccola e dover “disfarsi delle proprie cose” . Da sole non ce la facciamo più e abbiamo bisogno di aiuti esterni, come ad esempio una badante. Le mie cognizioni mentali sono scemate e altri devono prendere decisioni per me.

C’è stata una partecipazione corale e sentita alla discussione . L’ambiente che si è creato è stato molto bello. Le parole che inizialmente emergono da quasi tutte le partecipanti sono angoscia e terrore.
Il dover lasciare la casa e soprattutto gli oggetti che ci hanno accompagnato nella nostra vita, che ci hanno formato e il loro peso emotivo dà a tutte una grande angoscia: malgrado la parte razionale si sa che sarà necessario farlo.

Nel gruppo emergono anche voci più possibiliste, con un pensiero di essere meno egoiste e lasciare meno pesi ai nostri figli, memori della sofferenza nell'aver dovuto vuotare case piene all’inverosimile dei propri genitori o nonni. Questo può cambiare il nostro sguardo,  accettando la nuova sfida di creare un nuovo “nido” più piccolo, più adatto alle nostre nuove esigenze. Un’ altra soluzione potrebbe essere quella di condividere le proprie capacità con altri, vicini, amici e aiutarsi a vicenda. 

Si parlato molto anche delle case  anziani, molto temute per la maggior parte, ma anche qui alcune voci sono state a favore, ritenendole un modo per evitare l’isolamento. Per tutte manca una progettualità diversa verso l’anziano. Si vorrebbero meno case anziani viste come ghetto ma piuttosto piccoli quartieri intergenerazionali progettati in modo sicuro, come già avviene nel resto della Svizzera da molti anni. In Ticino purtroppo ancora non si fa ancora nulla in questa direzione.

Capacità di decidere 

Il terzo tema che suscita terrore è la perdita delle proprie facoltà mentali, le demenze che ci impediscono di decidere autonomamente e più tardi anche di capire ciò che succede intorno a noi. Si tratta di un tema molto delicato, e qui si auspica, quando ancora si è in piena facoltà, di designare qualcuno di fiducia che possa decidere per noi (potrebbero essere i figli o qualcun altro). Si è parlato inoltre del difficile tema della morte assistita.

Una cosa è stata molto chiara: bisogna parlarne, parlarne sempre e anche dare fiducia, dichiarare le nostre volontà, che possono anche essere cambiate nel tempo. Alla fine, malgrado i temi molto impegnativi, c'è stato un proficuo scambio di idee ricco di emozioni.

Gruppo 2 –  Moderazione: Raquel Galli Zirpoli e Patrizia Negri

Presenti: 11 signore + 2 conduttrici

Abbiamo iniziato con una breve e simpatica presentazione delle partecipanti. Questo è servito per sdrammatizzare e affrontare più serenamente gli argomenti che in ognuna di noi creavano fantasmi di un futuro ricco di problemi e paure.

Abitazione

Ognuna ha descritto la sua situazione attuale: casa troppo grande e difficile da gestire, scale e scalini che potrebbero limitare le uscite, piccoli paesi dove occorre l’auto per la spesa, grandi città dove regna il caos e nessuno ti conosce e così via. Abbiamo poi lasciato correre la fantasia di ognuno sulla domanda: “dove vorresti vivere?” Le risposte non si son fatte attendere: in una casa nel bosco in mezzo alla natura, in una piccola comunità intergenerazionale dove ci si conosce tutti e ci si può aiutare reciprocamente, tornare al paese d’origine, rimanere a casa mia perché ci sono affezionata, in un appartamento più piccolo facile da gestire, un appartamento vicino alla figlia.

Assistenza e cura

Nell’affrontare questi temi eravamo tutte d’accordo che sì bisognerà prepararsi all’inevitabile cambiamento e imparare a chiedere aiuto quando necessario. La maggior parte delle partecipanti era restia a chiedere aiuto ai famigliari e preferirebbe far capo ai servizi Spitex sul territorio. Un'altra risorsa importante potrebbero essere gli amici: con loro si potrebbe usare la reciprocità e non la dipendenza.

Risulta difficile trovare o aspettarsi soluzioni generalizzate. Abbiamo così concluso che accetteremo il cambiamento cercando di mantenere l’individualità e la creatività di ognuna.

Gruppo 3 –  Moderazione: Romana Camani-Pedrina e Regula Matasci-Brüngger

Abitazione

Traslocare, ma dove? Il nostro gruppo ha cercato soluzioni alternative a un normale appartamento. Casa anziani? Difficile, le liste di attesa sono lunghe. Come buon esempio di una casa anziani viene menzionata quella di Castelrotto e fra poco, gestita della medesima fondazione, quella di Caslano. Stabili intergenerazionali? Mancano queste strutture in Ticino. Desiderio di tutte: una casa con un’anima, centrale e non segregata.

Assistenza e cura

Vivere a casa propria, senza aiuto esterno, diventa impossibile. Informazioni su come gestire la situazione possono essere ricevute da Pro Senectute. Spitex? Badante? In questo caso si può rivolgersi a Opera prima. Esistono assegni per cura a domicilio per le persone beneficiarie di una rendita AVS o AI il cui stato di dipendenza esige l'aiuto di altre persone (siano esse un familiare, o terze persone) per poter rimanere al proprio domicilio ed evitare quindi il collocamento in istituto. Ma il più importante in questa situazione rimane il supporto affettivo.

Capacità di decidere

Nel gruppo si è discusso dell’importanza di prevenire situazioni difficili nel caso in cui le capacità cognitive diminuiscano. Tramite un mandato precauzionale posso decidere chi dovrà rappresentarmi in caso di incapacità di discernimento, ma resta difficile stabilire chi sia la persona più idonea. Importante e andar incontro al futuro con fiducia.

Nuovamente in plenaria ciascun gruppo ha relazionato brevemente sull’andamento della discussione e sulla sintesi del dibattito interno a ciascun gruppo.

 

I prossimi passi di AvaEva - Conclusioni

Prima di congedare le partecipanti, Valentina informa brevemente sui prossimi passi di AvaEva. In particolare si accenna ai seguenti gruppi: “Sessualità”, “Sora morte” e alla serata della “Maratone di storie” che si è svolta l11 ottobre 2019 presso la Biblioteca del Gambarogno. Interviene anche Veronica Carmine, coordinatrice del progetto GAM “Generazione al museo”, che racconta qualcosa a proposito di questo progetto e coglie l'occasione per invitare le donne di AvaEva a partecipare a delle visite guidate pensate appositamente per loro.

Si invitano le partecipanti a visitare il sito web in modo da essere sempre aggiornate sulle attività di AvaEva. 

La giornata si conclude in allegria e convivialità con un momento musicale gentilmente offerto dal coro dell’ATTE di Collina d’oro, diretto dal Signor Franco Masci.

 

 

 

 

 

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